la storia
La storia di questo paese è sicuramente antica e strettamente legata agli avvenimenti che hanno contribuito alla nascita ed allo sviluppo degli altri centri sorti in valle Gesso. In principio era un piccolo villaggio, forse di origine celto-ligure; non conosciamo però né l’epoca esatta della sua fondazione, né abbiamo documenti anteriori all’anno Mille che ne riportino il nome.
E’ certo che, fondata l’abbazia di Pedona sulla tomba di San Dalmazzo, tutta la valle Gesso passò tra i possedimenti dell’abbazia stessa; quando poi quest’ultima, il 18 giugno 901, fu data in feudo ad Eilulfo, vescovo di Asti, la valle Gesso divenne dominio temporale del vescovo astigiano, cui fu confermata a diverse riprese durante tutto il corso del X secolo.
Più tardi la valle Gesso con Borgo S. Dalmazzo venne infeudata al Marchese di Saluzzo. Il dominio marchionale, però, non durò a lungo e con la discesa in Piemonte degli Angioini, verso la metà del XIII secolo, tutto il territorio cuneese fece parte della Contea fondata dai venuti d’oltralpe, che aveva per capitale Cuneo.
Nonostante la presenza della casata provenzale, l’abate di Borgo S. Dalmazzo continuò a rivendicare i suoi diritti sulla valle Gesso, diritti che, d’altra parte, gli riconoscevano i valligiani stessi: “… il 6 agosto 1262 quei di Entracque, il 10 agosto quei di Valdieri, il 13 agosto quei di Roaschia e di Andonno”; come riporta un atto che è tra i primissimi documenti in cui compare il nome di Andonno.
Molto probabilmente in tale data, o poco dopo, il paese si erige in Comune autonomo.
Alcuni anni più tardi Andonno con tutta la valle Gesso sarà pacifico possesso di Amedeo VI di Savoia, dal quale, il 10 gennaio 1373, sarà infeudato a Carlo dei marchesi di Ceva, dietro il versamento di 1500 fiorini.
Negli anni 1423-25 scoppiò la guerra tra Oddone, marchese di Ceva e signore di Borgo e delle valli Gesso e Vermenagna, e Amedeo VIII di Savoia. Dopo una strenua ed ostinata resistenza, il marchese dovette cedere davanti allo strapotere del Duca.
Tutte le Comunità riottose, tra cui primeggiava Borgo S. Dalmazzo, passarono così sotto il diretto dominio dei Savoia e furono restituite al distretto di Cuneo.
Nella seconda metà del secolo, esse a più riprese tentarono di riacquistare la perduta libertà; Cuneo allora inviò contro i ribelli un esercito di 800 uomini che espugnò Borgo S. Dalmazzo. In valle Gesso, i primi a comprendere che ormai era inutile opporre resistenza furono i comuni di Andonno e di Roaschia, i cui rappresentanti il 5 settembre 1470 vennero ricevuti nella giurisdizione della città di Cuneo.
Il Quattrocento è anche l’epoca delle pestilenze che, a ondate successive, fecero strage della popolazione. Forse proprio al sorgere improvviso e terribile della peste in quei tempi è dovuta ad Andonno la costruzione della Cappella di S. Sebastiano, invocato allora come patrono degli appestati.
Dal foglietto annesso ai conti del 15 giugno 1561, ove sono annotate le persone che pagano il sale, si ricava che all’epoca Andonno aveva 339 abitanti, cui vanno aggiunti i lattanti, i soldati e, in generale, tutti quelli che non erano tenuti alla levata del sale.
Con atto del 6 giugno 1620 del Duca Carlo Emanuele I di Savoia, il paese di Andonno venne segregato dal mandamento di Cuneo e dato in feudo a Sebastiano Valfredo che assunse il titolo di Conte di Vaudier e Signore di Andonno, dietro il pagamento di duemila ducatoni di 13 fiorini caduno; l’investitura ebbe luogo il 14 agosto seguente.
Seguono anni di profonda miseria, sia pubblica che privata, che costringeranno il Comune a cedere numerosi diritti su proprietà e a chiedere prestiti agli altri comuni ed alle parrocchie vicine, come il censo contratto il 14 febbraio 1628 con Don Vincenzo Lovera, Parroco di Valdieri, ottenendo in prestito 400 scudi.
A peggiorare la situazione, nel 1630, scoppiò nuovamente la peste che fece parecchie vittime anche in Andonno, ove, per ottenere la grazia della liberazione dal terribile flagello, si fece “ristorare” l’antica Cappella di S. Rocco; i lavori si conclusero nel 1634, come ricordava l’iscrizione sul frontone. Il 20 marzo 1660 l’erede Conte Federico Antonio Valfredo vendette il feudo di Andonno al marchese Francesco Casati, feudatario della città di Piacenza, il quale però, per essere pervenuto alla dignità di Arciduca di Trebisonda, rinunciò alle sue ragioni a favore del predetto Conte Valfredo, il quale con atto 6 ottobre 1675 ne fece retrovendita al Conte Ricci Alessandro cittadino di Cuneo per £. 14.000, che ne prese personalmente possesso lo stesso giorno.
A quell’epoca il Comune di Andonno comprendeva anche la frazione di Madonna Bruna che nel 1670 ottenne la facoltà di erigersi in Comune autonomo: siccome però non se ne valse nel termine stabilito di 10 anni, decadde dal suo diritto e, pertanto, seguiterà a dipendere da Andonno fino al 1838, anno in cui sarà aggregata al Comune di Borgo San Dalmazzo.
Negli anni 1745-47, il Comune di Andonno più volte ricorse dal Re, onde ottenere la bonifica sulle contribuzioni da pagare, per i danni subiti nel 1744 durante l’assedio di Cuneo da parte dei Gallo-ispani. La situazione economica e sociale, già precaria, fu ulteriormente aggravata dal fatto che da Borgo S. Dalmazzo le truppe nemiche, a più riprese, portarono gli animali a foraggiare nel territorio di Andonno, arrecando ai particolari più di £. 500 di danno; altra volta invece salirono in valle Gesso 5000 uomini saccheggiando e depredando le povere abitazioni, e gli abitanti, per avere salva la vita, dovettero fuggire.
Nell’800 il paese beneficiò di una ripresa delle attività artigianali e commerciali con un conseguente incremento demografico della popolazione, che arrivò a contare circa 1300 anime nel 1888.
Fino alla seconda guerra mondiale, le principali fonti di sostentamento delle famiglie andonnesi derivavano dalle comuni pratiche agro-silvo-pastorali (con una superficie di pascolo stimata in oltre 200 ettari).
Con lo sviluppo e la diffusione dei grandi telai “a mano”, le donne andonnesi si dedicarono, nelle proprie case, alla caratteristica filatura della canapa, mentre gli uomini erano gli addetti alla tessitura vera e propria delle pezze di tela grezza, raggiungendo in poco tempo significativi livelli di qualità e di produzione.
Assai praticata in Andonno era inoltre la raccolta della lavanda, che veniva poi distillata nei laboratori artigiani di Valdieri e Demonte, rinomata per la qualità della sua essenza odorosa.
Nelle cronache storico-geografiche del secondo decennio del Novecento, Andonno aveva un territorio complessivo di 565 ettari di cui 527 censiti e la metà di questi a pascolo; il censimento del 1921 registrava 577 abitanti.